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La vetrina dei segreti

A cura di Monica Pierulivo e Veronica Muoio, 10 agosto 2017

La pesca a Piombino


Questi documenti sono conservati presso l'Archivio storico del Comune di Piombino

 

Il mare come identità forte, non soltanto come elemento del paesaggio, ma anche come memoria remota.
Nonostante il prevalere dell'economia agricola dal XVI secolo fino all'avvento della siderurgia, il mare rappresentò sempre per lo Stato di Piombino un elemento e una risorsa importanti, di cui rimane traccia nella memoria dei documenti conservati presso l'archivio storico della città.
Un esempio è rappresentato da un editto del 1788 del governatore generale del Principato per conto del principe Antonio Boncompagni Ludovisi nel quale si introducono alcune misure per la protezione delle specie ittiche. L'editto sorprende per la moderna sensibilità nei confronti della conservazione dell'ambiente e dei pesci a conferma di una cultura di governo più illuminata che l'ultimo principe di Piombino della dinastia romana cercò di esercitare, probabilmente coerentemente con lo spirito innovatore della Toscana dei Lorena.
Nel documento si vieta pertanto l'uso di una nuova tecnica di pesca introdotta nel principato, quella delle reti a strascico denominate “paranzelle”, termine con il quale si indicavano anche le imbarcazioni.

« […] Dimostrando l'esperienza che l'uso delle Paranzelle, per mezzo delle quali si sconvolgono i luoghi più bassi del mare ove i Pesci sogliono deporre le loro uova, pregiudica alla fertilità delle Pesche, distruggendo la riproduzione dei Pesci medesimi; ha dovuto sentire Sua Eminenza Principe con grave dispiacere, che tal genere di Pesca proibito in quasi tutti i mari d'Italia si sia recentemente introdotto anche in quello del suo Principato.
Quindi […] comandiamo […]  che niuna persona di qualsivoglia Stato, grado, e condizione ardisca […] calare pescare o far pescare in tutti i mari di questo Principato con le reti volgarmente dette  Paranzelle, le quali per togliere ogni appiglio, vogliamo che neppure sia lecito di ritenere sulle Barche Pescherecce, dimodoché la sola retenzione delle reti suddette basti per indurre la contravvenzione, benché non si provasse che i Pescatori ne abbiano fatto uso in mare.
A tal effetto proibiamo a tutti i negozianti di aver interesse in dette Barche, che usino dell'annunciate reti o di prender parte alle loro Pesche, e proibiamo altresì ai negozianti e ricevitori di Pesce stabiliti in questo principato di ricevere, e contrattare pesce di sorta alcuna da quei pescatori i quali essi sappiano, che usino delle reti ridette, giacché […] i suddetti negozianti […] ricevitori saranno considerati, come fautori dell'annunciata trasgressione.
Proibiamo ancora al nostro Capitano del Porto di Piombino e a tutti i Deputati, castellani e custodi tanto della terra ferma, che dell'Isola di ricevere ed ammettere alla pesca quelli che usassero le reti suddette, ma anzi comandiamo loro d'impedirla con tutte le forze, nel caso che osservassero qualche contravvenzione alla presente legge [...]»


Il bando continua indicando le pene per i trasgressori: 300 scudi all'equipaggio e al padrone 6 mesi di carcere. Le sanzioni interesseranno anche i negozianti nella quantità di 20 scudi e non saranno esclusi i ministri di Sanità e Castellani che « […] incorreranno nella perdita del loro uffizio, se mancheranno della dovuta diligenza, ed attenzione [...]»

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