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I fondi archivistici della Biblioteca di Botanica dell'Università degli Studi di Firenze

The botanical magazine, or Flower-garden displayed
Fondo Webb

Biblioteca di Scienze (Botanica)

Indirizzo:
Via G. La Pira, 4 - 50121 Firenze

Telefono / Fax: 0552757422 / 0552756204

Indirizzo e-mail: botanica@unifi.it

Sito web

Questo testo è tratto da I fondi archivistici della Biblioteca di Botanica dell'Università degli Studi di Firenze, a cura di R. Nelli, in «Quaderni di Archimeetings», n. 12, 2006

Puoi trovare la versione integrale in formato pdf sul sito di ANAI Toscana.

La Biblioteca di Botanica dell’Università di Firenze nelle sue vicende riflette l’evolversi delle scienze naturali e della loro diffusione e insegnamento in città, permettendo anche di conoscere personaggi nei quali il profilo dello scienziato e studioso in quello dell’intrepido viaggiatore, talvolta perfino dell’avventuriero.

La Biblioteca di Botanica fu istituita nel 1842 su iniziativa del palermitano Filippo Parlatore, che proprio allora era stato chiamato dal granduca Leopoldo II ad insediarsi sulla cattedra di botanica, appena istituita nell’ambito dell’Imperiale e Reale Museo di Fisica e di Storia Naturale, nei locali dell’ex palazzo Torrigiani in via Romana. I granduchi di Toscana hanno sempre avuto grande attenzione nei confronti della scienza botanica, fin da quando questa non era ancora divenuta una scienza in senso stretto, ma era considerata una disciplina ausiliaria della medicina. Negli stessi locali trovò la sua prima sistemazione anche l’Erbario Centrale Italico, fondato nello stesso anno e sempre su iniziativa di Parlatore. Attiguo al museo, ai margini del Giardino di Boboli, era stato allestito anche un orto botanico, in modo che gli studiosi di questa disciplina potessero disporre nello stesso luogo di tutti e tre gli strumenti fondamentali per lo studio della medesima: letteratura sull’argomento (biblioteca), piante secche (erbario), piante vive (orto botanico). Nel 1859, durante il governo provvisorio di Ricasoli, fu fondato l’Istituto di Studi Superiori Pratici e di Perfezionamento, le varie sezioni del quale nel corso degli anni si vennero sempre più configurando come vere e proprie facoltà distinte. Si cominciò così ad individuare nuovi locali, capaci di ospitare le strutture delle singole facoltà, e quelli favorevoli all’insediamento della botanica furono trovati in un edificio attiguo all’attuale rettorato dell’Università.

Il nucleo originario del patrimonio odierno della Biblioteca è costituito dalla donazione del naturalista inglese Philip Webb (1793-1854), che lasciò, oltre al suo ricchissimo erbario e alla altrettanto importante biblioteca, anche un carteggio contenente oltre duemila lettere che testimoniano della sua rete di rapporti internazionali con i più importanti botanici e naturalisti europei della prima metà dell’Ottocento. Nell’esaminare i singoli fondi è d’obbligo iniziare dal più antico: quello che raccoglie integralmente i manoscritti di Pier Antonio Micheli (1679-1737), ca. 70 volumi donati ai primi del Novecento dalla famiglia Targioni Tozzetti, che se li tramandava ereditariamente poiché proprio Giovanni Targioni Tozzetti era stato l’allievo prediletto del Micheli e il continuatore della sua opera. Analogo interesse per la storia della botanica rivestono i manoscritti di Giuseppe Raddi (1770-1829), quattro grossi faldoni contenenti appunti, schede e altro materiale preparatorio per i suoi lavori sulla flora brasiliana. Altri tre notevolissimi personaggi, che hanno vissuto e operato a Firenze tra la seconda metà dell’Ottocento e i primi decenni del secolo successivo, hanno lasciato i loro fondi alla biblioteca dell’Istituto, cioè Émile Levier, Stefano Sommier e Odoardo Beccari. Tutti e tre questi fondi, accanto a un massiccio nucleo di corrispondenza che testimonia della rete di rapporti scientifici e personali intessuta dai singoli personaggi, ospitano materiale di vario genere: appunti, schede di lavoro, talvolta disegni e fotografie, manoscritti che documentano le varie stesure delle loro opere. Levier (1838-1911) intraprese numerosi viaggi di esplorazione botanica, sia in Italia che all’estero; Sommier (1848-1922) intraprese spedizioni all’estero, spesso in zone in cui la sopravvivenza era tutt’altro che agevole (Caucaso, Siberia, Capo Nord), nelle quali alla raccolta di piante e allo studio delle flore locali si vennero via via sempre più aggiungendo gli interessi per la geografia di quei luoghi e per le popolazioni che li abitavano, le loro caratteristiche fisiche e i loro usi e costumi; Beccari (1843-1920) si recò in Malesia, Mar Rosso, Estremo Oriente: quello che rende il fondo Beccari unico rispetto a tutti gli altri è la presenza quantitativamente notevole di materiale grafico e iconografico, cioè disegni e fotografie, che testimoniano la grande abilità di Beccari nel disegno a mano libera e nella fotografia applicata all’indagine scientifica, campo, quest’ultimo, nel quale fu un pioniere.

Una prima svolta per questi materiali si è verificata verso la metà degli anni Novanta del secolo scorso, quando la Sovrintendenza archivistica per la Toscana ha dato inizio al progetto di censimento e schedatura degli archivi privati, che si è poi concretizzato anche attraverso la pubblicazione del volume “Guida agli archivi delle personalità della cultura in Toscana tra ’800 e ’900. L’area fiorentina”. Un primo progetto di recupero ha riguardato proprio l’archivio Beccari e ne ha permesso finalmente una descrizione approfondita, consentendo fra l’altro di evidenziare numerose approssimazioni e veri e propri errori commessi nella precedente sistemazione della corrispondenza.

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