Archivi in Toscana

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L’Archivio Zeffirelli e l’arte dello spettacolo

a cura di Sveva Pacifico, marzo 2020

L'archivio

La sala Inferno del museo

Il complesso documentario prodotto e raccolto nel tempo da Zeffirelli rispecchia la versatilità e la curiosità dell’uomo e dell’artista, e tiene traccia dell’appassionante lavoro di ricerca su cui si fondano tutte le sue opere. Su alcune non ha mai veramente smesso di lavorare, Traviata, tra le altre, di cui dirà: “Traviata è stata il fantasma e l’amore della mia vita”.

L’archivio è ricco di schizzi, bozzetti di scene e costumi (alcuni incorniciati, altri raccolti in album), disegni, scenografie, appunti, note di regia e di produzione, pagine di storyboard con appunti e citazioni bibliografiche, fotografie di scena, diapositive, registrazioni degli spettacoli, materiali pubblicitari e rassegne stampa, nonché corrispondenza con attori, cantanti, direttori d’orchestra, italiani e stranieri che hanno fatto la storia del cinema e del teatro. Tracce di una stagione irripetibile. “Mi toccò il destino di essere imposto all’attenzione dei miei connazionali dalla stima e dalla fiducia che avevano per me gli stranieri”, dirà Zeffirelli, non senza una punta di ironia. E in effetti è spesso dall’estero che gli sono giunte le offerte e le sfide più allettanti nella sua lunghissima carriera. Nemo propheta in patria.

Non vi è produzione teatrale o cinematografica che non sia documentata, spesso, dalla fase preparatoria (compresi quelli utilizzati come fonte di ispirazione, documenti d’epoca, stampe…) alla fase della realizzazione, inclusi i materiali concernenti la promozione e l’apparato critico di ogni opera. Documentazione che mette in luce il processo creativo e il metodo di lavoro di Zeffirelli, il passaggio dalle cosiddette “prime idee” fino alla costruzione della macchina di scena; la permanenza di alcune scelte che sopravvivono ai vari e diversi allestimenti della stessa opera (per esempio, un certo tipo di lampade scelte per l’Otello; i bozzetti delle scene del Don Giovanni sempre incorniciate, come se l’azione dovesse svolgersi in una specie di teatrino di Pollock). Ma anche l’inclinazione a tornare su soluzioni già sperimentate e a rielaborarle, riutilizzando materiali già esistenti datandoli nuovamente e successivamente alla prima creazione nel momento del riutilizzo (ne consegue che le date, sebbene apposte dallo stesso Zeffirelli, non sono corrispondenti al vero in molti documenti).

Un archivio d’arte, nel quale sono stati individuati i fondi “Cinema”, “Prosa”, “Teatro lirico” e il fondo “Materiali personali” costituito, tra l’altro, da fotografie, ricordi, rassegne stampa, documentazione per le pubblicazioni inerenti ai lavori del Maestro e alle mostre. La suddivisione della documentazione, secondo la sistemazione dello stesso Zeffirelli, non esclude l’esistenza di molti collegamenti fra i documenti che si pensa già di evidenziare attraverso rimandi da inserire nella descrizione archivistica (è ancora in corso il riordinamento e la descrizione archivistica con il software ArDes) quando l’archivio sarà completamente riordinato. Rimandi che si spiegano anche perché Zeffirelli è incline a pensare che una certa soluzione creativa sia come una chiave che apre una porta e che per ogni porta ci sia una sola chiave – “Per aprire una porta c’è una sola chiave che l’apre” –, per cui accade che lo stesso documento potrebbe essere collocato in più ‘partizioni’ dell’archivio perché è stato più volte utilizzato e per opere diverse. Esiste anche documentazione sui progetti non realizzati, come il progetto dell’opera ispirata all’Inferno di Dante. Produzione che, nonostante uno studio approfondito da parte del Maestro, non vide mai la luce.

Un patrimonio documentario, in prevalenza di natura iconografica, pertanto anche fragile, che testimonia, tra l’altro, la felicissima mano del Maestro per il disegno e la pittura, talento affinato negli anni del liceo artistico prima, e in quelli dell’Accademia di Belle Arti e della facoltà di Architettura poi. “Il maestro disegna quando cerca”, mi racconta la sua storica collaboratrice, Caterina d’Amico.

Altro materiale documentario è ancora disseminato presso la casa di Roma, in attesa di essere trasferito nel complesso di San Firenze, nel quale la fondazione spera anche di ricreare lo studio romano con gli arredi originari del Maestro per provare a restituirne ai visitatori intatto il fascino. Tanto la biblioteca quanto l’archivio sono ancora in corso di inventariazione, catalogazione e riordinamento, ma già aperti al pubblico e consultabili su appuntamento.

Per citare questo speciale:

Redazione del Portale, L'archivio Zeffirelli e l'arte dello spettacolo, 29, Portale Archivistico Toscano, marzo 2020