Il successivo tratto di via dei Vespucci è fiancheggiato a sinistra da edifici per lo più ad un solo piano, molti dei quali costruiti intorno agli anni venti e trenta del secolo scorso a cavallo dell’annessione del comune di Brozzi a quello di Firenze, avvenuta nel 1928. Il canale, che scorre a destra della strada, è stato coperto dall’incrocio con via Pistoiese fino ad un tratto oltre il ponte di San Biagio fra il 1963 e il 1967. A causa dell’immissione delle acque di rifiuto e dello scarico abusivo di materie organiche, si verificavano infatti situazioni di ristagno soprattutto nella stagione estiva, durante la quale difficilmente si derivavano quantitativi di acqua sufficienti a garantire il necessario scorrimento del canale stesso. Sul canale è stato creato un percorso, attualmente ciclopedonale, che procede parallelo alla strada, per poi proseguire in via del Canale.
All’incrocio con via S. Biagio a Petriolo il canale alimentava il mulino omonimo. L’edificio, che ancora oggi è visibile, era costituito da tre piani e ventidue vani e prima di diventare di proprietà comunale nel 1921 fu gestito dall’Amministrazione militare. Mentre era ancora di proprietà del demanio fu dato in consegna al Comune di Brozzi, e al momento della riconsegna al Comune di Firenze avvenuta nel 1922 la disposizione degli ambienti era la seguente: al piano terreno si trovavano il magazzino del grano, i locali della pompa, del motore e delle macine. Al primo piano il deposito delle farine, i locali del vaglio e delle tramogge e l’alloggio del capo mugnaio. Al piano secondo la cucina, il dormitorio, la latrina e la scala che conduceva al sotterraneo, dove si trovavano il laboratorio, il locale del ritrecine e i magazzini. Tutto il complesso fu definitivamente venduto nel 1936.
Proseguendo sotto via del Canale fino all’incrocio con via di Peretola, finalmente il fosso esce allo scoperto e scorre nella piana costeggiando l’abitato di Quaracchi, Brozzi e San Donnino fino ad incrociare il Bisenzio a San Mauro a Signa. Proprio da questa frazione prende nome il mulino di San Moro, imponente edificio che nonostante lo stato di abbandono in cui si trova conserva le sue sembianze originarie e tuttora colpisce per la sua essenzialità ed austerità. Dopo il 1921 il mulino è stato regolarmente affittato dal comune per diversi anni, ma il successivo disuso lo ha ridotto in precarie condizioni di conservazione. Già nel 1946, anno a cui risale l’ultimo atto di affitto reperito, alcuni ambienti apparivano in cattive condizioni anche a causa di danneggiamenti dovuti agli eventi bellici. Allegato a tale atto si trova uno stato di consistenza degli immobili e dei macchinari che ci permette di ricostruire con precisione quale fosse la disposizione sia degli ambienti esterni che di quelli ai piani terreno e primo: un piazzale scoperto con annesso terreno adibito ad orto, un portico, una rimessa, il salone del mulino, l’abitazione del mugnaio al primo piano.
Da vari anni il mulino è inutilizzato, se si esclude una centralina di Publiacqua che da qualche tempo comanda le paratoie ormai elettriche. Negli ultimi anni ci sono state trattative dell’amministrazione con il comune di Campi Bisenzio per la realizzazione al suo interno di un museo dell’acqua e tentativi di alienazione, ma la situazione non si sblocca: i costi per il recupero della struttura sarebbero estremamente elevati.